La Spagna è ritornata a vincere dopo 6 anni, dopo le vittorie di Italia (2014) e Portogallo (2016), bissando il successo dello scorso anno a Nanchino (Cina) nei Campionati Mondiali. Si è aperto un nuovo ciclo (quello senza Panadero, Gil e Jordi Bargallo), firmato da Alejandro Dominguez: un allenatore arrivato dal basso che ha dimostrato di avere una sua idea di hockey e soprattutto una sua idea di sport. Scelte difficili ma coraggiose: ed anche in campo è questo lo stile del tecnico spagnolo, fondendo insieme il classico possesso palla con un ritmo “up&down” strategico. Ed in più la squadra è giovane, un gruppo costruito dall’Under 20, dove il Portogallo domina da 10 anni, ma che è riuscita a coltivare meglio i suoi giovani, facendoli crescere in maniera spaventosa in poco più di un paio d’anni, dimostrando carattere e prestazioni fisiche eccellenti. Parliamo sopratutto di Alabart. Con un problema fisico, alla sua età, ha imposto ritmi e trascinato una squadra in silenzio e con grande eleganza. Si potrebbe parlare di tanti altri giovani spagnoli (Roca e Font) ma fanno parte di una nuova generazione che sarà fondante dei risultati futuri delle “Furie Rosse”. L’Italia si è classificata terza, confermando i pronostici della vigilia, che vedevano Spagna e Portogallo leggermente più avanti. La squadra di Massimo Mariotti ha dimostrato che il livello dell’hockey italiano è finalmente ritornato costantemente ad essere tra i più competitivi, dopo diversi anni di alti e bassi. Ora siamo ad un livello alto che l’Italia dovrà portare avanti per altri 20 anni se vorrà ritornare a vincere: sono solo 3 gli Europei vinti, 4 i Mondiali (ricordo sempre che è dal 1991 che non si vince un EuroU20 e in Under 17 dal 2014 e anteriormente nel 1992), L’hockey su pista italiano ha bisogno di diventare un modello e una risorsa costante di risultati e di podi, per poi arrivare, un giorno (e arriverà), a ri-giocarsi la finale per la vittoria. Rispetto al 2016 dove si conquistò un argento e nel 2014 dove si vinse, si dovrebbe dire che si è fatto un passo indietro: invece no, perchè gli Azzurri hanno subìto il ritorno di Spagna e Portogallo che hanno ricostruito le loro nazionali e riportato il livello che normalmente hanno, cioè in prima e seconda posizione. Non è un caso nella storia dell’hockey su pista europeo che l’Italia abbia vinto solo 3 volte in 53 edizioni. Ecco il miglior augurio per la Nazionale Italiana è di proseguire con questo livello e di presentarsi ad un europeo o ad un mondiale con tutti i migliori giocatori disponibili. Ricordiamo sempre i problemi di Ambrosio (1 anno fa è rimasto fermo 6 mesi per il problema fisico), quelli di Illuzzi e l’assenza di Compagno. L’auspicio è di ritrovare tra 2 anni, nel 2020, la stessa formazione con qualche carta in più, soprattutto in attacco. In Coppa Latina (unica competizione Under 23), l’Italia ha dimostrato di avere tanti buoni giovani: ora aspettiamo la loro progressiva maturazione anche grazie alle esperienze all’estero che avranno (finalmente!). Si poteva fare di più, questo è certo, ma davanti a Spagna (tra l’altro l’Italia è stata l’unica a tenere a 2 gol gli iberici) ed al Portogallo, più di questo non si poteva chiedere. Se la Spagna l’abbiamo già analizzata, il Portogallo era al pari degli Azzurri, ma loro davanti hanno due grandissimi goleador come Joao Rodrigues e Goncalo Alves, due punteri che in Italia non esistono. Gran ritmo e gran gestione palla, proprio come la formazione di Massimo Mariotti, infarcita di giovani e talenti a cui forse manca anche a loro il salto decisivo. La Francia, invece, ha dimostrato un grande miglioramento, ma non è ancora abbastanza per impensierire i big club. Ha sfiorato l’impresa contro i lusitani, quando erano in vantaggio per 4-1, poi sconfitti nel finale 4-5: la speranza è di ritrovarli nel 2020 con i problemi economici risolti e con qualche altra punta dell’Under 20. Il salto di qualità non deve farlo solo la Nazionale ma anche tutto il movimento francese, anche perchè il lavoro da tanti anni è di primo livello.
Un Europeo che ha fatto parlare di sè, non per il ritorno (finalmente!) di 11 nazioni, ma per la mancanza di spettatori. Una polemica che lascia il tempo che trova: il palazzetto consta di 5.000 posti a sedere, forse il secondo più grande in Europa dedicato anche all’hockey su pista, e riempirlo significava portare almeno 3.000 persone. In effetti in finale sono arrivate, quando la media degli spettatori durante le partite della locale squadra sfiora solo poche volte le 1.000 unità. A Barcellona, per i World Roller Games, sarà un’altra cosa: certamente, una città che ha una ricettività pazzesca in centro all’Europa meditterranea, ed una comunità, nettamente più interessata all’argomento (dovremo comparare i dati dei praticanti della Galicia e della Catalunya). Ma era necessario ritornare alle origini, in un luogo che ha ospitato 2 mondiali e che ha fatto la storia dell’hockey. L’organizzazione è stata perfetta, con tantissimi volontari che hanno dato tutta la loro disponibilità per ogni richiesta, in un palazzetto, ripeto, di alto livello. Un ringraziamento da parte di tutto il World Skate Europe Rink Hockey per il lavoro svolto, mantenendo alto il livello per una competizione europea di questo valore.
Una formula transitoria che ha fatto storcere il naso a tutti, tranne a chi l’ha vissuto. Ritrovare 11 squadre ad un Europeo ha un valore talmente grande, che forse solo tra qualche anno potrà essere capito il reale peso che ha avuto, sia alla vista di chi si approcia a questa disciplina sia per lo stesso mondo delle rotelle. Ora finalmente l’Europeo è una entità vera e completa, che dimostra gli estremi di questo sport, ma che ha dimostrato grande condivisione e professionalità. Dal primo al 108° atleta, dall’over 50 al 16enne, tutti hanno dimostrato di amare questa disciplina, ma sia il primo sia il 108° ha richiesto di condividere questa passione, anche se i limiti tecnici e fisici erano visibili. E’ solo condividendo la propria esperienza che si può migliorare, a tutti i livelli. La coscienza che questo è uno sport può essere ancora fatto imparare a nuove generazioni ed a nuove nazioni, deve essere primario. Il momento transitorio tra un europeo da 6 squadre a 11 era necessario. Dal 2020 cambierà quasi tutto, dove la formula è stata già presentata: due gironi, le prime sei del 2018 (Spagna, Portogallo, Italia, Francia, Andorra e Svizzera) si giocheranno il titolo con un girone all’italiana. Il ranking finale sarà definito con le finali tra primo e secondo classificato, terzo e quarto e quinto e sesto. Il sesto perdente della finale retrocederà. Il secondo girone sarà composto da almeno 5 squadre (Germania, Inghilterra, Austria, Olanda, Belgio ed eventualmente Israele) con un altro girone all’italiana: stessa formula di finali del primo gruppo e una promozione. Formula che può piacere o no ma sicuramente è un passo avanti in una struttura più interessante, soprattutto per i media: sin dal primo giorno ci saranno sfide intense. Ecco quello che mancherà, forse, sarà il punto di contatto tra i professionisti e gli amatori, ma magari nel futuro ci saranno altri aggiustamenti.
Un ringraziamento finale a tutto lo staff del World Skate Europe Rink Hockey. Abbiamo cambiato ancora nome per regole mondiali, ma non cambia la sostanza. Un lavoro che sta sempre dimostrando di essere il più serio di sempre (e forse pure del globo), con una struttuta organizzativa e comunicativa di primissimo ordine. Abbiamo rivoluzionato la nostra comunicazione con una nuova WEBTV www.cers-rinkhockey.tv che è e sarà il nostro fiore all’occhiello. Per la prima volta abbiamo commentato TUTTE e quaranta le partite, in quattro lingue diverse (portoghese, spagnolo, italiano ed inglese) e nella gare più importanti anche il doppio commento. Un ringraziamento a Jose Santos, professionista di primo livello, voce portoghese, a Marcello Bulgarelli, voce italiana, Susana Pandavenes, voce spagnola, Stefano Zamperin, voce italiana e inglese, ed a tutti gli ospiti che hanno dimostrato grande disponibilità, primo tra tutti Joaquim Paulls, ex allenatore della nazionale spagnola e membro del comitato tecnico del WSERH, che ha seguito con noi le semifinali e le finali. Un altro ringraziamento anche a Joseph Miguel Gotts e a Michael Maruszak che hanno raccontato semifinali e finali in stile british. Un ringraziamento al “poker d’assi” italiano alla comunicazione: Cesare Ariatti al comando, Marcello Bulgarelli, capo ufficio stampa, a Marzia Cattini, fotografa, ed a Stefano Zamperin, webmaster e social media. Dalle 9 alle 24 ogni giorno per poter informare nel modo più completo possibile in lingua inglese, tutta Europa: un notevole sforzo, indice anche della passione che nutriano per questa disciplina, ma soprattutto un lavoro per alzare il livello dell’asticella della comunicazione nel nostro sport, portandolo come modello a tutto il resto del continente.
Un ringraziamento anche a tutti i media, giornalisti e i tantissimi fotografi che ci hanno seguito in questo lungo europeo.
Migliorare è la parola d’obbligo, portare novità pure, ma l’unica sostanza è che amiamo immensamente l’hockey su pista, proprio come tutti i giocatori che scendono in pista e proseguono l’evoluzione di questo sport.
Stefano Zamperin
Press WSEurope Rink Hockey